La novità di ciò che Gesù ha manifestato e ha dato a Luisa – parte 2

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Tutto ciò che Gesù disse, riportato dai Vangeli, è in funzione del suo Regno, come preparativi della sua venuta e come disposizioni per accoglierlo.

Gesù si presentò in modo inequivocabile come “il Figlio di Dio” (quindi come il padrone del sabato, come il vero Dio, e per questo considerato bestemmiatore e reo di morte), come “il Figlio di Davide” (o “Figlio dell’uomo”) e come “il Re d’Israele” (Gv 1,49); non ne ha fatto mistero. E la gente lo ha capito benissimo, come per esempio, accogliendolo nel suo ingresso trionfale in Gerusalemme: “Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide!” (Mc 11,9-10).

Quindi, nelle stesse parabole ed in altri insegnamenti, Gesù parla

– dei “segni” che avrebbero avvisato dell’imminenza del compimento del suo Regno,

– delle difficoltà ed opposizioni che esso avrebbe trovato e, oltre tutto,

– della necessità d’interessarci noi, di desiderarlo e di chiedere al Padre che lo conceda, che venga (il “Padrenostro”).

A Maria, nell’Annunciazione, l’Angelo disse che il Figlio “regnerà sulla casa di Giacobbe e il suo Regno non avrà fine”. A Pilato Gesù chiarisce che il suo Regno non è come i regni di questo mondo, confermando che Egli è Re: per questo è nato, per questo è venuto nel mondo (Gv 18, 33-37). E agli Apostoli ha parlato del Regno di Dio, nei quaranta giorni che è rimasto con loro, Risorto, prima dell’Ascensione al Cielo.

Tuttavia l’insegnamento di Gesù nel Vangelo non è andato oltre.

Il perché, lo spiega Gesù negli scritti di Luisa:

“… Ora, qual è la tua meraviglia, che invece di manifestare prima i frutti del mio Volere, li ho manifestati a te dopo tanti secoli? Se l’albero non si era formato ancora, come potevo far conoscere i frutti? Tutte le cose vanno così. Se si deve fare un re, non s’incorona il re se prima non si forma il regno, l’esercito, i ministri, la reggia; all’ultimo s’incorona. E se si volesse coronare il re senza formare il regno, l’esercito, eccetera, sarebbe un re di burla. Ora, la mia Volontà doveva essere corona di tutto e compimento della mia Gloria da parte della creatura, perché solo nella mia Volontà può dire «Tutto ho compiuto», ed Io, trovando in essa compiuto tutto ciò che voglio, non solo le faccio conoscere i frutti, ma la nutrisco e la faccio giungere a tale altezza da sorpassare tutti…” (Vol. 15°, 28/11/1922)

“Figlia mia, quando Io venni sulla terra le creature erano tutte analfabete delle cose del Cielo, e se Io avessi voluto parlare del «Fiat» e del vero vivere in Esso, sarebbero state incapaci di comprenderlo, se non conoscevano la via per venire a Me. Erano la maggior parte zoppi, ciechi, infermi; dovetti abbassarmi nelle spoglie della mia Umanità che copriva quel «Fiat» che volevo dare, affratellarmi con loro, accomunarmi con tutti, per poter insegnare i primi rudimenti, l’a, bi, ci del «Fiat» Supremo, e tutto ciò che Io insegnai, feci e patii, non fu altro che il preparare la via, il regno e il dominio alla mia Volontà. Questo è solito delle opere nostre, fare le cose minori come atto preparatorio alle cose maggiori” (Vol. 19°, 28/3/1926)

“…Tutto doveva essere riempito delle conoscenze riguardanti la mia Volontà, e se ciò non lo è, è segno che il Regno della mia Volontà non è conosciuto, quindi non posseduto. Mi sapresti forse tu dire qualche Santo che abbia detto che possedeva questo Regno e l’unità della luce del Volere Supremo? Certo che no. Io stesso poco parlai; se avessi voluto parlare in modo disteso sul Regno della mia Volontà e di volerlo formare nell’uomo come lo possedeva Adamo innocente, essendo il punto più alto, il più immediato a Dio e che si avvicina più dappresso alla somiglianza divina, essendo ancora fresca la caduta di Adamo, si sarebbero tutti scoraggiati e voltandomi le spalle avrebbero detto: «Se Adamo innocente non si fidò né ebbe la costanza di vivere nella santità di questo Regno, tanto che precipitò lui stesso e tutte le generazioni nelle miserie, nelle passioni e in mali irreparabili, come possiamo noi, colpevoli, vivere in un Regno sì santo? Bello, sì, ma possiamo dire che non è per noi».

Non solo, ma essendo il punto più alto la mia Volontà, ci volevano le vie, i mezzi di trasporto, le scale, le vesti decenti, i cibi adatti, per poter dimorare in questo Regno. Onde la mia venuta sulla terra servì per formare tutto questo, sicché ogni mio detto, opere, pene, preghiere, esempi, sacramenti istituiti, erano vie che formavo, mezzi di trasporto per farli giungere più subito, scale per farli salire. Si può dire che diedi loro le vesti della mia Umanità imporporate col mio sangue, per farli stare decentemente vestiti in questo Regno sì santo del mio Volere, [essendo] stabilito dall’Increata Sapienza nella Creazione di darlo come retaggio dell’uomo. Quindi, se poco parlai su ciò, [è] perché quando Io parlo, parlo a tempo e a circostanza, in cui deve stare racchiusa nella mia parola la necessità e l’utilità del bene che contiene.

Onde invece di parlare feci i fatti e mi riservai di parlare a te sul Regno della mia Volontà. Ora, come potevano possederlo, se non avevano una piena conoscenza?” (Vol. 19°, 1/7/1926)

“Figlia mia, vedi dunque la necessità per cui col venire sulla terra non diedi il Regno del mio Volere né lo feci conoscere. Volli far prova novella della creatura, volli darle cose minori di quelle che le diedi nella Creazione, rimedi e beni per guarirla, perché, nel crearlo, l’uomo non era malato, ma sano e santo, quindi poteva benissimo vivere nel Regno del mio Volere; ma sottraendosi dal Volere Supremo cadde malato, ed Io venni sulla terra come medico celeste, per vedere se accettava i rimedi, le medicine per la sua malattia, e dopo aver fatto prova di ciò, allora gli avrei fatto la sorpresa di manifestare il Regno della mia Volontà, che nella mia Umanità tenevo per lui preparato.

S’ingannano quelli che pensano che la nostra somma Bontà e Sapienza infinita avrebbero lasciato l’uomo nei soli beni della Redenzione, senza innalzarlo di nuovo allo stato primiero da Noi creato. Allora la nostra Creazione sarebbe stata senza il suo scopo e quindi senza il suo pieno effetto, ciò che non può essere nelle opere di un Dio. Al più faremmo passare e girare i secoli, dando ora una sorpresa, ora un’altra; ora affidandogli il piccolo bene ed ora un altro più grande…

… Ora, se avessi voluto manifestare il Regno della mia Volontà, sia quando venni sulla terra, sia prima che i beni della Redenzione fossero riconosciuti e in gran parte posseduti dalle creature, i miei santi più grandi si sarebbero spaventati. Tutti avrebbero pensato e detto: «Adamo innocente e santo non seppe vivere né perseverò in questo Regno di luce interminabile e di santità divina; come lo possiamo noi?»…” (Vol. 19°, 18/7/1926)

Gli scritti di Luisa sono testimonianza della sua vita interiore e della missione a cui è stata chiamata da Dio, nonché dell’intero Progetto Divino, del compimento e trionfo del suo Regno, della Divina Volontà come vita della SS. Trinità, vita alla quale è chiamata la creatura. Gli Scritti di Luisa non descrivono soltanto un itinerario di vita spirituale, ma sono la promulgazione del Decreto eterno di Dio, che annuncia il compimento del suo Regno: il Regno della sua Volontà.

Tuttavia, occorre tener presente che Luisa, prima di ricevere in modo sistematico le verità sulla Divina Volontà come Vita, ha dovuto percorrere –guidata da Gesù– il cammino di tutti i Santi, il cammino delle virtù, prendendo parte –anche come vittima fin dall’età di 16 anni– all’opera della Redenzione. E ancora dopo trent’anni –quando aveva ormai 46– Gesù ha cominciato a parlare della sua Volontà e del vivere in Essa.

I primi dieci volumi di Luisa fanno pensare ad una fila di aerei pronti sulla pista di decollo, che corrono sulla pista, sempre più veloci, ma ancora per terra (uguali in questo alle macchine e anche alle biciclette!), ma poi, con il Volume 11° è come se decollassero e iniziasse la loro ascesa verso il Cielo…

Non è possibile separare la sua spiritualità dalla sua dottrina, che poi, né l’una né l’altra sono sue, ma di Gesù, e solo dopo sono diventate sue. Lei ha scritto solo quello che ha vissuto. La sua vita interiore è esattamente la Vita della Divina Volontà, che in lei ha formato il suo Regno. Fermarci sulla considerazione delle singole e molteplici virtù che in lei splendono, sarebbe perdere di vista che esse sono come le foglie o i fiori della pianta che è la Divina Volontà. Il suo frutto è il Regno.

Perciò l’Annuncio del Regno si trova nella sua vita e di conseguenza nei suoi scritti. Il titolo che Gesù ha dato ai suoi volumi è l’Annuncio solenne del Regno:

«Il Regno della mia Divina Volontà in mezzo alle creature. Libro di Cielo. Il richiamo della creatura nell’ordine, al suo posto e nello scopo per cui fu creata da Dio».

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