Il Padre nostro, chiave di lettura della vita

La nostra vita si illumina alla luce del Padrenostro, nel quale possiamo comprendere il mistero dell’uomo. La nostra vita e la storia dell’umanità sono, in effetti, un percorso di ritorno del figlio prodigo alla Casa del Padre. In essa quel figlio –che era Adamo ed è l’umanità intera– era felice, era ricco, di nulla aveva bisogno, per lui non vi era né ignoranza, né debolezza, né sofferenza, né morte. Questo è di fede. La sua rovina fu il peccato, voltare le spalle a Dio suo Padre con preferire la propria volontà alla Volontà di Dio, che gli dava la vita e tutto.

Quindi Dio stesso, il Padre infinitamente buono, quando giunse “la pienezza dei tempi”, gli venne incontro per abbracciarlo e salvarlo, con le braccia aperte di Cristo in Croce. Ed Egli ci ha insegnato a pregare, la Sua preghiera, cioè, il nuovo atteggiamento di cuore verso Dio, il nuovo rapporto di fiducia e di amore verso il Padre. Non più servi, ma figli amati. Perciò,

“Padre nostro” – Chi è che parla? Chi è Figlio – Con che parla? Con la bocca? Con la mente? Sì, ma soprattutto con il cuore – Perché “nessuno conosce il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare” (Lc 10,22) – E il Padre non è solo oggetto di conoscenza, ma di esperienza viva, l’esperienza dell’amore. Per questo lo Spirito grida nel nostro cuore: “Abbà, Padre!” (Rom 8,15).

Che sei nei cieli – Non solo nel Cielo, ma anche in terra e ovunque e sempre, Tu che dai vita ad ogni battito di ogni cuore, Tu che accendi ogni pensiero in ogni mente, come accendi di luce ogni mattina il sole e ogni sera tutte le stelle, come curi ogni fogliolina di ogni pianta e ogni essere della tua Creazione in vista della finalità che Tu hai preparato… – Ma soprattutto, Tu ti compiaci di essere nel cuore e nello spirito di ogni figlio tuo: questi sono i tuoi “cieli”.

Sia santificato il tuo Nome – Ma il tuo Nome è di per sé Santo, come ha proclamato la Vergine nel Magnificat – Ma dire così è esprimere un grande desiderio: che il tuo nome di Padre sia riconosciuto, sia onorato e glorificato, che Tu ti possa sentire “realizzato” come Padre in ognuno dei tuoi figli, che ogni figlio sia il tuo vanto, la tua soddisfazione e la tua gloria!

Venga il tuo Regno – Che cosa è il tuo Regno? “Il regno di Dio non è questione di cibo o di bevanda, ma è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo” (Rom 14,17). Sì, va bene, ma queste cose sono frutto di qualcosa: il tuo regnare è che la tua Volontà si realizzi nelle tue creature – Ma perché invochiamo che venga? Perché non dire che “andiamo” ad esso? Perché ancora si deve realizzare qui, sulla terra; in Cielo già è realizzato.

Quindi il tuo Regno è che sia fatta la tua Volontà, come in Cielo, così in terra – Ma questo è molto di più di compiere noi le cose che Tu ci comandi, quello che Tu vuoi: è chiedere che quello che la tua Volontà è per Te, così sia per noi; come è per il Padre, così sia per i figli – E che cosa è per Te, o Padre, la tua adorabile Volontà? – Ecco, la Volontà del Padre è la stessa e unica Volontà delle tre Divine Persone: la vostra Volontà è come “il Cuore” palpitante d’Amore, che gli basta volere per fare, è come “la sorgente” della Vita della SS. Trinità. Proprio questo Tu vuoi che sia anche per noi.

Dacci oggi il nostro pane quotidiano – Quale è il pane di cui abbiamo bisogno? Gesù ci ha parlato del pane del Cielo. Ogni pane viene da Te, o Padre: il pane materiale e tutto ciò che per tua Volontà serve per sostenere la nostra vita, il Pane vivo disceso dal Cielo che è Gesù vivo nell’Eucaristia, e il terzo pane, quello di Gesù stesso, del quale ha detto: “Io ho un cibo che voi non conoscete… Il mio cibo è fare la Volontà di Colui che mi ha mandato” (Gv 4,32-33) – Ogni pane è del Cielo, perché ogni pane e ogni cosa buona viene da Te, o Padre, per portarci a Te. Ma se non lo riconosciamo come pane del Cielo, ma solo come pane della terra, ci porta a noi stessi e alla terra. Allora non serve a “fare comunione” con Te, non serve per unirci a Te.

E allora, rimetti a noi i nostri debiti – Non solo i nostri peccati, disubbidienze e offese, ma queste ingiustizie verso di Te, che sono i debiti di riconoscenza, di adorazione, di gratitudine, di generosità, di amore – Noi non siamo in grado di riempire questi vuoti, di coprire i nostri debiti: facciamo appello alla tua Misericordia – È Gesù che te lo chiede ogni volta insieme a noi; ma Gesù aggiunge:

Come noi li rimettiamo ai nostri debitori – Egli è Uomo con noi, ma è Dio con Te, e a questo punto, queste parole le pronunciate Voi, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo: “come Noi”, un “Noi” con maiuscolo, perché il modello del vostro perdono non può essere il nostro modo di perdonare, ma è al contrario, il vostro perdono deve essere il modello del nostro affinché il nostro sia giusto – Per questo, Gesù ci mette in bocca queste parole, perché così impariamo noi a perdonare come Voi e con Voi.

E non ci indurre in tentazione – Sì, Padre, che non sia necessario, Tu che sei “fedele, non permettere che siamo tentati oltre le nostre forze, ma con la tentazione ci dai anche la via d’uscita e la forza per sopportarla” (cfr 1a Cor 10,13) – Nessuno può essere tentato da Dio, perché Tu non puoi essere tentato dal male e non tenti nessuno al male. (cfr Gc 1,13-15) – Perciò, nel chiederti di non condurci dentro della tentazione o davanti al tentatore (questo vuol dire indurre), ti stiamo ripetendo la supplica di Gesù nel Getsemani: “Abba, Padre, se è possibile, allontana da Me questo calice”.

Pertanto, “liberaci dal male” – Da ogni male, da ogni cosa che si oppone alla tua Volontà, da ogni cosa che ci separi e ci allontani da Te. Amen!

Pertanto possiamo adesso comprendere che Gesù, insegnando la “sua” preghiera al Padre, ha voluto insegnare non solo una preghiera, parole, concetti, ma soprattutto uno spirito, il suo Spirito filiale, il suo rapporto di fiducia, d’intimità, di amore al Padre, di reciproca appartenenza e vicendevole totale donazione. Ha voluto condividerlo con noi, vuole viverlo per mezzo nostro e in noi. Ha voluto dare a ognuno di noi il posto che Lui stesso occupa come Figlio nel Cuore del Padre. Ha voluto che con questa preghiera mettiamo nel nostro cuore tutto ciò che il Padre ha nel suo Cuore e facciamo comunione con Lui. Per questo, il Padrenostro esprime nella prima parte il nostro desiderio delle cose del Padre (“il tuo Nome”, “il tuo Regno”, “la tua Volontà”) e nella seconda parte il nostro bisogno (“il nostro pane”, “i nostri debiti”, “rimetti a noi”, “liberaci”

Dio è semplice ed è un solo Dio. Così le varie frasi del Padrenostro manifestano in realtà un’unica petizione –che pronunciata da Gesù è anche una promessa–, una sola cosa con alcune conseguenze. Come Egli ha detto: “Cercate innanzitutto il Regno di Dio e la sua Giustizia, e tutto il resto vi sarà dato in aggiunta”.

Il Padre Divino sarà onorato e glorificato dai suoi figli, che come tali sentiranno e vivranno, quando verrà il suo Regno: “sia santificato (da noi) il tuo Nome”. E in che consiste il suo Regno? Che la sua Volontà sia per noi quello che è per Lui: la sorgente della vita, delle opere e di ogni bene e felicità. Che sia per noi quello che è per Gesù: il Pane, il cibo che non conosciamo, come disse ai suoi discepoli nell’episodio della Samaritana.

Per questo, nel chiedere che ci dia ogni giorno “il nostro pane quotidiano” Egli intende non solo il pane materiale –che, se ha la virtù di nutrire, è perché in esso sta la Volontà del Padre–, ma pensa anche al Pane Eucaristico –che pur essendo Lui realmente vivo e presente, non riesce ad essere efficace e a trasformarci, se non mangiamo anche il Pane suo, che è la Volontà del Padre. Quindi sono tre “pani” quelli che domandiamo, ma quello decisivo è quello della Volontà Divina come protagonista di ogni cosa nella nostra vita.

Dobbiamo allora rimandare il tutto a dopo la morte, all’al di là? Ma allora, perché diciamo “venga” e non invece “andiamo”? Perché diciamo che deve essere fatta “sulla terra” come si fa in Cielo, proprio in quel modo? Insomma, chiediamo che il Padre e i figli abbiano la stessa ed unica Volontà: questo è il riassunto del Padrenostro e di ogni vera preghiera.

Quel giorno –che deve ancora venire– il figliol prodigo sarà di nuovo nella Casa Paterna, nella Volontà unica delle tre Divine Persone, che forma la loro Vita e felicità. Allora sarà di nuovo “nell’ordine, al suo posto e nello scopo per cui Dio lo ha creato”. Allora sarà di nuovo ricco, felice e santo. Sarà di nuovo “a somiglianza” del suo Creatore e Padre.

Nel frattempo stiamo vivendo le fasi decisive di un dramma, della lotta apocalittica di “Regno contro regno”. Spettatori, attori e anche oggetto di contesa. È l’ora della Decisione! “Nessuno può servire due padroni”, ha detto il Signore. O Dio o il proprio io. “Sarà l’amor di Dio portato fino al disprezzo di sé, o sarà l’amor di sé portato fino al disprezzo di Dio”, come disse Giovanni Paolo II. Sarà la Volontà di Dio che vince (se vogliamo) o sarà la nostra volontà che perde, quando vogliamo fare la nostra escludendo quella Divina. Se lasciamo che vinca in noi la Volontà di Dio, con Lui anche noi vinciamo; se facciamo che prevalga la nostra, insieme con Lui anche noi perdiamo. “Padre, se è possibile, passi da Me questo calice; ma non sia fatta la mia volontà, ma la Tua!”.

E Gesù morì sulla Croce per esprimere in Sé questa opposizione. Due travi incrociate, due tronchi…, quei due alberi reali e simbolici del Paradiso: l’albero “della Vita” e quello “della conoscenza del bene e del male”. Figura della Volontà di Dio il primo, il palo verticale, che unisce Cielo e terra; figura della volontà umana il secondo, il palo orizzontale, che quando si mette in opposizione, di traverso, dicendo “non voglio” crea la croce, il dolore reciproco, la morte! Questa è la causa di tutto il dolore che sta inondando il mondo più che mai.

Quale tremendo Mistero! Dio ha voluto creare l’uomo solo per amore, affinché fosse suo figlio, suo interlocutore, suo erede; per fare di lui un piccolo dio creato, un altro Se stesso! Questo Mistero, dice San Paolo, è “il Mistero della sua Volontà” (Ef. 1,9).

Di fronte a questo “mistero della Pietà” è sorto un altro: il “mistero dell’empietà”: “Sì, fin da ora il mistero dell’empietà è all’opera” (2ª Tes. 2,7). È quello che l’Apocalisse chiama “un mistero, Babilonia la grande”, mistero di quella che è raffigurata in una grande prostituta e nella bestia su cui essa è seduta (Apoc. 17,5 e 7).

Ecco definiti i due misteri contrapposti dell’Apocalisse (cap. 12 ss.). “Si alzerà nazione contro nazione (lo stiamo vedendo) e regno contro Regno” (Mt. 24,7). E San Pietro dice: “È giunto infatti il momento (adesso!) in cui ha inizio il giudizio a partire dalla Casa di Dio; e se incomincia da noi, quale sarà la fine di coloro che rifiutano di credere al Vangelo di Dio?” (1a Pietro, 4,17). Apriamo gli occhi e teniamoci pronti!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *