Le Nozze dell’Agnello

Dio disse: “Non è bene che l’uomo sia solo; voglio fargli un aiuto che gli sia simile”, e così, in un atto di creazione successivo, dopo aver creato l’uomo Adamo, Dio creò la donna, Eva, e aggiunse: “Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un’unica carne”. In questo modo Dio stabilì fin dal principio la famiglia umana, come doveva essere.

Ma per comprendere meglio la dignità e santità del matrimonio e della famiglia umana e la sua origine dal Cuore di Dio, dobbiamo risalire a quel Mistero Divino della Santissima Trinità.

Dio aveva detto: “Non è bene che il mio Amore sia solo; voglio una creatura che Mi sia simile, da poter amare e dalla quale essere riamato”. E così ci affacciamo al Decreto eterno dell’Incarnazione del Verbo, allo Sposalizio della Divinità con l’Umanità del Figlio di Dio, quel legame indissolubile conosciuto come l’Unione Ipostatica: la Natura Divina increata di Gesù Cristo unita alla sua natura umana creata. Questa è “la nuova ed eterna Alleanza”.

Ritorniamo per tanto su quanto abbiamo già meditato. Nel Figlio Incarnato, “in un medesimo decreto eterno di predestinazione” Dio ha creato la SS. Vergine perché fosse sua Madre. E Gesù Cristo, nell’incarnarsi, ha voluto insieme al suo Corpo fisico personale un Corpo Mistico, formato da tutte le anime, dall’intera umanità, come qualcosa di suo, un Corpo del quale Lui è il Capo, il Primogenito di tutte le creature: “per mezzo di Lui sono state create tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: Troni, Dominazioni, Principati e Potestà; tutte le cose sono state create per mezzo di Lui e in vista di Lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte sussistono in Lui” (Col 1,16-17). Questo Corpo Mistico è la Chiesa.

Ma il peccato delle origini, commesso dai nostri primi genitori, li separò e separò tutta la loro discendenza da Colui che è il Capo, Cristo, il quale mediante la Redenzione ci incorpora di nuovo a Lui. Così Lui dà vita al suo Corpo Mistico, alla sua Chiesa, alla sua Sposa.

Per questo, il matrimonio cristiano è immagine o specchio del grande mistero dell’unione di Cristo con la sua Chiesa, anzi, mistero di unità, come dice San Paolo: “Le mogli siano sottomesse ai mariti come al Signore; il marito infatti è capo della moglie, come anche Cristo è capo della Chiesa, Lui che è il salvatore del suo Corpo. E come la Chiesa sta sottomessa a Cristo, così anche le mogli siano soggette ai loro mariti in tutto. E voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro dell’acqua accompagnato dalla parola, al fine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata. Così anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo, perché chi ama la propria moglie ama se stesso. Nessuno mai infatti ha preso in odio la propria carne; al contrario la nutre e la cura, come fa Cristo con la Chiesa, poiché siamo membra del suo Corpo. Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due formeranno una carne sola. Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa!(Ef 5, 22-32).

Nelle Nozze di Cana Gesù era un invitato, insieme a sua Madre. Volle così, con la sua presenza divina, rinnovare la santità del matrimonio come il Padre lo aveva stabilito e presieduto nel Paradiso all’inizio. Cioè, volle riportare il Matrimonio alla santità della sua origine. In quell’occasione, rispondendo a sua Madre, disse: “Non è giunta (ancora) la mia ora”. Quale ora? Non quella di far miracoli (perché lo fece un momento dopo), ma quella da Lui tanto sospirata, quando non sarà un invitato alle nozze umane, ma sarà lo Sposo che invita alle sue Nozze divine, alle Nozze dell’Agnello.

E chi sarà la Sposa? Certamente la sua Chiesa, prefigurata in tante anime sante che, nel corso della storia, hanno ricevuto la grazia mistica dello “sposalizio” e del “matrimonio mistico” con Gesù.

Una differenza c’è tra queste due cose, come avveniva nel popolo d’Israele al tempo di Gesù. Lo sposalizio non era un semplice fidanzamento, ma un vero legame, per cui erano già sposi (e potevano legittimamente avere un figlio, e nel caso di rottura il marito doveva dare il “libello” di ripudio alla moglie, e se questa era infedele veniva considerata colpevole di adulterio). Nel giro di un anno all’incirca si completava con il matrimonio, nel quale la sposa andava in festa accompagnata dalle amiche a prendere possesso della casa dello sposo. A questo fece allusione l’angelo che parlò a San Giuseppe nel sogno (Mt 1,20).

Nel caso dell’unione di Cristo con la Chiesa, nella sua prima Venuta si è fatto lo sposalizio, ma la Sposa non era ancora pronta per poter passare a vivere nella Dimora dello Sposo ed essere con Lui una cosa sola. Questo –le Nozze dell’Agnello– si compirà nella seconda Venuta di Cristo come Re, quando la Sposa vivrà pienamente la Vita dello Sposo e prenderà possesso del suo Regno.

Questo mistero Gesù lo spiega negli Scritti della Serva di Dio Luisa Piccarreta.

Dio provò immensa felicità nel creare l’uomo, perché Adamo, prendendo parte a tutti gli atti divini, portava a Dio tutto ciò che era stato fatto per amore suo. La Divina Volontà riporterà l’uomo allo stato originale senza ledere il suo libero arbitrio, dandogli ancora più luce. Lo sposalizio di Dio con l’umanità fu nella Creazione, ma l’uomo ruppe il legame con Dio; quindi Dio attende la guarigione della “sposa”, frutto della Redenzione, per celebrarlo. Nel Volume 24°, il 12 Giugno 1928 Luisa dice:

«… Essendo la festa del Corpus Domini, stavo pensando tra me che quel giorno era la festa dello sposalizio che Gesù benedetto faceva con le anime nel SS.mo Sacramento d’amore, e il mio amato Gesù, movendosi nel mio interno, mi ha detto:

“Figlia mia, il vero sposalizio con l’umanità fu nella Creazione. Nulla mancò, né all’anima né al corpo, tutto fu fatto con sontuosità regale. Alla natura umana fu preparato un palazzo grandissimo, qual è tutto l’universo, che nessun re né imperatore può avere uno simile; un cielo stellato è la sua volta, un sole che non si doveva mai estinguere come luce, ameni giardini dove la coppia felice, Dio e l’uomo, doveva passeggiare, ricrearsi e mantenere la festa continua, non mai interrotta, del nostro sposalizio, vesti non tessute di materia, ma formate di purissima luce dalla nostra potenza, quale si conveniva a persone regali. Tutto era beltà nell’uomo, anima e corpo, perché Colui che preparava lo sposalizio e lo formava era di una bellezza inarrivabile, sicché dalla sontuosità esterna delle tante bellezze incantevoli che ci sono in tutta la Creazione, puoi immaginare i mari interni di santità, di bellezza, di luce, di scienza, eccetera, che possedeva l’interno dell’uomo. Tutti gli atti dell’uomo, interni ed esterni, erano tanti tasti musicali che formavano le più belle musiche dolci, melodiose, armoniose, che mantenevano l’allegria allo sposalizio, e ogni atto in più che si disponeva a fare era una nuova sonatina che preparava per chiamare lo Sposo a ricrearsi con lui. La mia Volontà Divina che dominava l’umanità gli portava l’atto nuovo continuato e la somiglianza di Colui che lo aveva creato e sposato.

Ma in tanta festa l’uomo ruppe l’anello più forte in cui stava tutta la validità e per cui era stato [in] vigore il nostro sposalizio, fu il sottrarsi alla nostra Volontà, e lo sposalizio, in virtù di ciò, andò sciolto e [furono] perduti tutti i diritti; restò solo il ricordo dello sposalizio, ma la sostanza, la vita, gli effetti non esistevano più.

Ora, il Sacramento dell’Eucaristia, in cui sovrabbonda il mio amore in tutti i modi possibili ed immaginabili, non si può chiamare né il primiero sposalizio della Creazione, né il vero, ed Io non faccio altro che la continuazione di ciò che feci stando sulla terra, a seconda dei bisogni che ci sono nelle anime: per alcune mi faccio Medico pietoso per guarirle, per altre Maestro per istruirle, per altre Padre per perdonarle, per altre Luce per dar loro la vista; do la forza ai deboli, il coraggio ai timidi, la pace agli inquieti, insomma continuo la mia vita e virtù redentrice. Però tutte queste miserie escludono il vero sposalizio. Nessun giovane sposa una giovane malata, al più aspetta che guarisca; né una giovane debole e che spesso l’offende; e se lo sposo è un re e l’ama, al più aspetta che la sposa guarisca, che lo ami e che le condizioni di lei siano in qualche modo soddisfacenti e non tanto inferiori a lui.

Ora, le condizioni in cui si trova la povera umanità sono ancora [quelle] della povera malata, e aspetto che la mia Volontà sia conosciuta e regni in mezzo alle creature [e] darà [loro] la vera sanità, le vesti regali, la bellezza degna di Lui, e allora formerò di nuovo il vero e primiero sposalizio”.»

Quindi lo sposalizio di Dio con l’umanità è la chiave di tutta la storia. Il peccato causò la divisione, ma non impedì che Dio continuasse ad amare l’uomo. Quindi, la finalità di tutto è arrivare “alle Nozze dell’Agnello”, quando la Divina Volontà regnerà di nuovo in mezzo alle creature. E nel capitolo successivo, il 16 Giugno 1928:

«Stavo pensando a ciò che sta scritto qui sopra, e il benedetto Gesù ha continuato a dirmi: “Figlia mia, è proprio vero che l’Ente Supremo al principio della Creazione fece il suo sposalizio con l’umanità, e successe come ad uno sposo, quando la sua sposa malvagia lo induce a dividersi in tribunale, ma ad onta di ciò nello sposo resta un affetto nel proprio cuore e sospira e pensa che, se la sua eletta cambiasse, forse potrebbe di nuovo riunirsi e vincolarsi con lei col nodo di sposi, e perciò spesso le fa arrivare all’orecchio per mezzo di messaggeri, che lui l’ama.

Così fece Dio, ad onta che lo sposalizio con l’umanità fu sciolto nella corte divina, riserbò un affetto e, sebbene lontano, vagheggiò il nuovo nodo di sposalizio con l’umanità; tanto [è] vero, che non distrusse il palazzo che con tanta sontuosità e magnificenza aveva fatto, né le tolse il bene del sole che formava il giorno, ma tutto restò perché se ne servisse chi lo aveva offeso. Anzi, mantenne la corrispondenza con lo scegliere, fin dal principio del mondo, ora l’uno ora l’altro dei buoni, i quali erano come messaggeri, come tanti postini che portavano le letterine, o i telegrammi, o le telefonate dal Cielo, in cui veniva annunziato che lo Sposo lontano non aveva dimenticato che l’amava e che voleva il ritorno della sposa ingrata. Onde nell’Antico Testamento, quanto più moltiplicava i buoni, i patriarchi e i profeti, tanto più pressanti erano gli inviti e la posta che correva tra il Cielo e terra, che Dio spediva [con] notizie che desiderava la nuova unione. Tanto [è] vero che, non potendo più contenere la foga del suo amore e non essendo per allora disposta ancora l’umanità decaduta, fece un’eccezione, sposando la Vergine Regina e l’Umanità del Verbo con nodo di vero sposalizio, affinché, in virtù di Essi, fosse rialzata la decaduta umanità e potesse formare lo sposalizio con l’intera umanità. Quindi la mia Umanità formò sulla croce il nuovo fidanzamento con essa, e tutto ciò che Io feci [e] soffrii, fino a morire sulla croce, erano tutti preparativi per effettuare lo sposalizio desiderato nel regno della mia Divina Volontà.

Ora, dopo il fidanzamento restano i pegni e i doni da darsi, e questi sono le conoscenze sul mio «FIAT» Divino. In esse viene dato il gran dono che mi respinse l’uomo nell’Eden, cioè il dono eterno, infinito e interminabile del mio Volere, il quale dono alletterà tanto l’umanità decaduta che Ci darà il contraccambio del dono del suo povero volere, che sarà come conferma e suggello dell’unione degli sposi, dopo così lunga catena di corrispondenza, di fedeltà da parte di Dio e di incostanza, d’ingratitudine, di freddezza da parte delle creature.

Sicché, figlia mia, l’uomo si degradò, perdette tutti i beni perché uscì dalla mia Volontà Divina; per nobilitarsi, per riacquistare tutto e per ricevere la riabilitazione dello sposalizio col suo Creatore, deve rientrare di nuovo nel «FIAT» Divino donde uscì. Non ci sono vie di mezzo, neppure la mia stessa Redenzione è sufficiente per far ritornare l’uomo al principio dell’era felice della sua creazione. Essa è mezzo, via, luce, aiuto, ma non fine; il fine è la mia Volontà, perché Essa fu il principio. È di giustizia, chi è il principio deve esserne la fine. Sicché l’umanità deve essere chiusa nel mio Volere Divino perché [le] sia restituita la sua nobile origine, la sua felicità, e metta di nuovo in vigore lo sposalizio col suo Creatore.

Perciò non basta al nostro amore il gran bene che fece all’uomo la mia Redenzione, ma sospira più oltre; il vero amore non si contenta mai, allora è contento quando può dire: «Non ho più che dare», e conoscendo che l’uomo mi può ritornare felice, vittorioso, glorioso, nel nobile stato in cui fu creato da Dio –e questo col regnare la mia Volontà in mezzo a loro–, ecco perché tutte le ansie divine, i sospiri, le manifestazioni, sono rivolte a far conoscere la nostra Volontà, per farla regnare, per poter dire al nostro amore: «quietati, che il nostro figlio amato è giunto al suo destino, già è in possesso della nostra eredità che gli fu data nella Creazione, qual è il nostro «FIAT», e mentre lui possiede il nostro, noi possediamo lui. Quindi lo sposalizio è concluso di nuovo, gli sposi sono ritornati al loro posto d’onore; non resta altro che festeggiare e godere un tanto bene dopo un sì lungo dolore».”

2 risposte a Le Nozze dell’Agnello

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