La prova e la tentazione

Nel libro del Siracide leggiamo: “Figlio, se ti presenti per servire il Signore, prepàrati alla tentazione(2,1). E l’Apostolo San Giacomo dice: “Beato l’uomo che sopporta la tentazione, perché una volta superata la prova riceverà la corona della vita che il Signore ha promesso a quelli che lo amano. Nessuno, quando è tentato, dica: «Sono tentato da Dio»; perché Dio non può essere tentato dal male e non tenta nessuno al male. Ciascuno piuttosto è tentato dalla propria concupiscenza che lo attrae e lo seduce; poi la concupiscenza concepisce e genera il peccato, e il peccato, quand’è consumato, produce la morte” (1,12-15).

Il Vangelo di San Matteo dice che, dopo il suo battesimo al Giordano, “Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto per esser tentato dal diavolo. E dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, ebbe fame. Il tentatore allora gli si accostò e gli disse… ecc.”

Come mai Gesù Cristo è stato avvicinato da Satana, che ha provato a tentarlo e a deviarlo dalla sua Missione, dalla Volontà del Padre? E questo in diverse occasioni, anche per bocca del principe degli Apostoli, Simon Pietro, come pure nell’Orto degli Ulivi. Il demonio, nella sua superbia e contro ogni evidenza, non poteva ammettere che “davvero” quell’Uomo santo fosse il Figlio di Dio…, doveva avere la prova certa e, per questo, doveva farlo cadere. E il Signore gli ha nascosto la propria Divinità, accessibile solo a chi ha la Fede. In questo modo Lui, come anche sua Madre, gli hanno “schiacciato la testa”, il suo orgoglio. Come pure in questo modo il Signore ha assunto anche le nostre prove e le nostre tentazioni, le ha condiviso, affinché anche noi condividiamo la sua vittoria.

Per separarci da Dio, il demonio si avvale sempre di un inganno: ci fa vedere nelle cose, nelle creature, una verità, una bontà e una bellezza “separate da Dio”, verità, bontà e bellezza senza Dio, proprio come lui pretese di essere.

E nella preghiera al Padre che Gesù ci ha insegnato diciamo “E non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male” (Mt 6,13).

Il male non è nella tentazione, ma nell’acconsentirla e quindi peccare. Sentire la proposta del male non dipende da noi, accettarla invece sì. Sentire non è lo stesso che acconsentire.

Scrive Luisa: “Onde io, avendo letto che chi non è tentato non è caro a Dio e parendo a me che da molto tempo non so che cosa sia tentazione, l’ho detto a Gesù. E Lui mi ha detto: “Figlia mia, chi sta del tutto nella mia Volontà non è soggetto a tentazione, perché il demonio non ha il potere di entrare nella mia Volontà; non solo, ma lui stesso non vuole entrarvi, perché la mia Volontà è Luce e l’anima, innanzi a questa Luce, conoscerebbe le sue astuzie e quindi si farebbe beffe del nemico, il quale non ama queste beffe e gli sono più terribili dello stesso inferno, e a tutto potere le sfugge. Provaci ad uscire dalla mia Volontà e vedrai quanti nemici ti piomberanno addosso… Chi sta nella mia Volontà porta sempre in alto la bandiera della vittoria e dei nemici nessuno ardisce di far fronte a questa bandiera inespugnabile” (14-12-1912).

E ancora Gesù dice: “Nella mia Volontà non entrano né aridità, né tentazioni, né difetti, né inquietudini, né freddezze, perché la mia Volontà è luce e contiene tutti i gusti possibili; la volontà umana non è altro che una gocciolina di tenebre, tutta piena di disgusti. Quindi se l’anima è già dentro del mio Volere, prima di entrare, al contatto del mio Volere la luce ha sciolto la gocciolina delle tenebre, per poterla avere in sé, il calore ha sciolto il gelo e le aridità, i gusti divini hanno tolto i disgusti, la mia felicità l’ha sciolta da tutte le infelicità” (19-7-1907).

Fin qui abbiamo parlato di “tentazione”, ma occorre parlare allo stesso tempo della “prova”.

Un caro Sacerdote ha scritto:

“Quando chiediamo al Padre di non indurci in tentazione, non ci aspettiamo certo che ci esoneri da qualsiasi prova, ma che ci preservi dalle tentazioni superiori alle nostre forze.

Una tentazione può provenire da tre sorgenti: il diavolo, il mondo, la carne. Oggi il diavolo è scatenato; il mondo è impazzito; la carne sollecitata in modi e con mezzi inediti, impensabili fino a pochissimi decenni fa.

Il Padre sa bene fino a che punto le nostre anime siano indebolite non solo dalla mancanza di una solida formazione e di un previdente addestramento, ma anche dai continui assalti delle forze nemiche, alle quali nulla sembra più opporsi. Per questo dobbiamo recitare il Pater con un ardore e una consapevolezza rinnovati, domandando a Dio di non lasciare che la prova ci schiacci e che le tenebre ci risucchino.

Non dimentichiamo mai che la Sua assistenza e la Sua grazia non sono un dovuto: sono un dono concesso per pura benevolenza a creature peccatrici. Chiediamo quindi con umiltà e perseveranza: il Padre celeste non delude i Suoi figli; a chi accetta la sua severa pedagogia fa gustare dolcezze incomparabili.”

I pochi buoni saranno esposti a grandi prove, da Dio e dagli uomini. Un secolo fa, Luisa sentì una voce dal Cielo che diceva: “Fermezza, coraggio ai pochi buoni! Non si spostino in nulla, non trascurino nulla. Saranno esposti a grandi prove, e da Dio e dagli uomini. La sola fedeltà non li farà traballare e saranno salvi. La terra sarà coperta di flagelli non mai visti. Le creature vorrebbero disfare il Creatore e vorranno avere un dio a proprio conto e soddisfare i loro capricci a costo di qualsiasi carneficina. E con tutto ciò, non avendo i loro intenti, giungeranno alle più brutte bestialità. Tutto sarà terrore e spavento” (5-2-1916)

Tuttavia San Paolo ci dice: “Dio è fedele e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze, ma con la tentazione vi darà anche la via d’uscita e la forza per sopportarla” (1 Cor 10,13).

Gesù spiega quella supplica del Padrenostro, che alcuni vorrebbero adesso cambiare, negli Scritti di Luisa Piccarreta (Vol. 15°, 2 Maggio 1923):

“E se soggiunsi «E non ci indurre in tentazione», come mai Dio lo poteva indurre in tentazione? Perché l’uomo è sempre uomo, libero da se stesso, perché Io non gli tolgo mai i diritti che nel crearlo gli ho dato, e lui, spaventato e temendo di sé, grida tacitamente, prega senza esprimersi in parole: «Dacci il pane della tua Volontà, affinché possiamo respingere tutte le tentazioni, e in virtù di questo pane liberaci da ogni male. Così sia»

Dio non può tentare al male, affinché l’uomo faccia il male (Giacomo, 1,13), ma Dio può indurre (portare “in”, condurre dentro) nella tentazione, dal momento che spesso, nella prova (voluta da Dio) si intromette la tentazione (voluta dal demonio). Dio vuole assolutamente la prova, per promuoverci; il demonio vuole la tentazione per rovinarci. Così avvenne nel Paradiso terrestre, per i nostri primi genitori.

“Non ci indurre in tentazione” è una supplica umile, chiedendo al Padre che non permetta che il tentatore ci inganni, che non ci sia bisogno di essere portati davanti a lui (“indurre”), che “se è possibile” ci eviti la tentazione, “se è possibile, passi da noi questo calice” (e qui si vede chiaro come questa frase coincide con la preghiera di Gesù nell’Orto degli Olivi). Il concetto è molto diverso da quello che adesso alcuni vogliono dire: “non abbandonarci”, un concetto che ignora il valore provvidenziale della prova. Del suo valore e della sua necessità la Madonna dice nel libro “La Vergine Maria nel Regno della Divina Volontà” (4° Giorno):

La prova è la bandiera che dice vittoria, la prova mette al sicuro tutti i beni che Dio ci vuol dare, la prova matura e dispone l’anima per acquisti di grandi conquiste, ed anch’Io vedevo la necessità di questa prova, perché volevo attestare al mio Creatore, per contraccambio dei tanti mari di grazie che mi aveva dato, un atto di mia fedeltà, che mi costasse il sacrificio di tutta la mia vita. Quanto è bello poter dire: “Mi hai amato e ti ho amato”. Ma senza la prova non si può dire giammai”.

“Ai tanti beni che Dio gli aveva dato, per avere un atto di fedeltà in Adamo, gli comandò che non toccasse un solo frutto dei tanti che c’erano in quel Eden terrestre. Era la prova che Dio voleva per confermare la sua innocenza, santità e felicità, e per dargli il diritto del comando su tutta la Creazione. Ma Adamo non fu fedele nella prova e, non essendo fedele, Dio non si potette fidare di lui e perciò perdette il comando, l’innocenza, la felicità e si può dire che capovolse l’opera della Creazione”.

“…Ti prego da Madre che non rifiuti mai nulla al tuo Dio, ancorché fossero sacrifici che ti durassero tutta la vita. Il non smuoverti mai nella prova che Dio vuole da te, la tua fedeltà, è il richiamo dei disegni divini su di te, è il riflesso delle sue virtù, che come tanti pennelli fanno dell’anima il capolavoro dell’Ente Supremo. Si può dire che la prova presta la materia prima nelle mani divine per compiere il loro lavoro nella creatura. E di chi non è fedele nella prova, Dio non sa che farsene; non solo, ma scompiglia le opere più belle del suo Creatore”.

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