Chi vive nella Divina Volontà sta nella casa di Dio e fa parte della sua famiglia
Dagli Scritti della Serva di Dio Luisa Piccarreta
Gesù a Luisa: “…L’uomo, col sottrarsi dal nostro Volere, perdette il suo posto, rimase senza la casa nostra, esposto ai pericoli; tutti lo possono toccare per fargli del male. Gli stessi elementi sono superiori a lui, perché posseggono una Volontà Suprema, mentre lui possiede una volontà umana degradata, che non sa dargli altro che miserie, debolezze e passioni. E siccome ha perduto il suo principio, il suo posto, è rimasto senza ordine, disarmonizzato con tutti, e non gode pace neppure con se stesso. Sicché si può dire che è il solo essere ramingo in tutta la Creazione, che per diritto nulla gli tocca. Perché Noi tutto diamo a chi vive nella nostra Volontà, perché sta in casa nostra, è uno della nostra famiglia; i rapporti, i vincoli di figliolanza che possiede col vivere in Essa gli danno il diritto a tutti i nostri beni. Invece, chi non vive della vita di Essa ha spezzato come d’un solo colpo tutti i vincoli, tutti i rapporti; perciò è tenuto da Noi come cosa che non Ci appartiene…”
(…) “Amor mio Gesù, se tanta virtù contengono queste conoscenze sulla tua adorabile Volontà, perché non le manifestasti ad Adamo, affinché facendole conoscere ai posteri, avessero amato, apprezzato di più un tanto bene, ed avrebbe disposto gli animi quando Tu, Divino Riparatore, decretavi darci questo gran dono del regno del «Fiat» Supremo?”
E Gesù, riprendendo il suo dire, ha soggiunto: “Figlia mia, Adamo, finché stette nell’Eden terrestre e visse nel regno del Supremo Volere, conobbe tutte le conoscenze per quanto a creatura è possibile, ciò che apparteneva al regno che possedeva; ma come uscì da Esso, il suo intelletto si oscurò, perdette la luce del regno suo e non trovava i vocaboli adatti per manifestare le conoscenze che aveva acquistato sulla Suprema Volontà, perché mancava in lui quello stesso Volere Divino che gli porgeva i vocaboli necessari per manifestare agli altri ciò che lui aveva conosciuto. Questo da parte sua; molto più che ogni qual volta ricordava la sua sottrazione alla mia Volontà, il bene sommo che aveva perduto, aveva tale stretta di dolore da renderlo taciturno, perché rapito nel dolore della perdita di un regno sì grande e di mali irreparabili, che, per quanto Adamo potesse fare, non gli era dato di riparare, ma ci voleva quel Dio stesso che aveva offeso, a porvi rimedio.
Da parte del suo Creatore non aveva nessun ordine, e perciò non gli davo capacità sufficiente per manifestarsi, perché a che pro manifestare una conoscenza quando non dovevo dargli il bene che conteneva? Io allora faccio conoscere un bene, quando voglio dare. Ma, ad onta che Adamo non parlò diffusamente sul regno della mia Volontà, insegnò tante cose importanti su ciò che lo riguardava, tanto è vero che nei primi tempi della storia del mondo, fino a Noè, le generazioni non ebbero bisogno di leggi, né ci furono idolatrie, ma tutti riconoscevano uno il loro Dio, perché ci tenevano di più alla mia Volontà. Invece, quanto più si allontanarono da Essa, sorsero le idolatrie e peggiorarono in mali peggiori, e perciò Iddio vide la necessità di dare le sue leggi, come preservativo alle umane generazioni. E perciò, per chi fa la mia Volontà non c’è bisogno di leggi, perché Essa è vita e legge ed è tutto per l’uomo.” (20° Vol., 17.09.1926)
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