La “Natura” sgrida l’uomo perché richiama il diritto di Dio!
1° Settembre, nella “Giornata mondiale di preghiera per la cura del Creato”, di preoccupazione per la Casa comune, dell’ottava opera di misericordia corporale e spirituale, di “conversione ecologica”, ecc. ecc., abbiamo adorato solennemente Gesù nel SS. Sacramento.
In modo inatteso ci ha fatto leggere dal 12° volume di Luisa il capitolo del 20 Novembre 1917 (quanto mai attuale, pur essendo di 99 anni fa):
“Continuando il mio stato, ancor più doloroso, il mio sempre amabile Gesù viene e fugge come lampo e non mi dà tempo neppure di pregarlo per i tanti mali che la povera umanità subisce, specie la mia cara patria. Che colpo al mio cuore, l’entrata degli stranieri in essa! Credevo che Gesù me lo avesse detto prima per farmi pregare; e se venendo lo prego, mi dice: “Sarò inesorabile”; e se lo presso col dirgli: “Gesù, non vuoi avere compassione? Non vedi come i paesi sono distrutti, come la gente rimane nuda e digiuna? Ah, Gesù, come ti sei fatto duro!”, Lui mi risponde: “Figlia mia, a Me non premono le città, le grandezze della terra, ma mi premono le anime. Le città, le chiese ed altro, dopo distrutte si potranno rifare. Nel diluvio, non distrussi Io tutto? E poi, non si rifece di nuovo? Ma le anime, se si perdono è per sempre; non vi è che me le ridia di nuovo. Ahi, Io piango le anime! Per la terra hanno disconosciuto il Cielo, ed Io distruggerò la terra; farò scomparire le cose più belle che come laccio legavano l’uomo”.
Ed io: “Gesù, che dici !?” E Lui: “Coraggio, non ti abbattere, andrò avanti, e tu, vieni nel mio Volere, vivi in Esso affinché la terra non più sia la tua abitazione, ma la tua abitazione sia proprio Io, e così starai del tutto al sicuro. Il mio Volere ha il potere di rendere l’anima trasparente e, siccome l’anima è trasparente, ciò che Io faccio si riflette in lei. Se Io penso, il mio pensiero si riflette nella sua mente e si fa luce ed il suo, come luce, si riflette nel mio. Se guardo, se parlo, se amo, ecc., come tante luci si riflettono in lei e lei in Me, sicché stiamo in continui riflessi, in comunicazione perenne, in amore reciproco e, siccome Io mi trovo dappertutto, i riflessi di queste anime mi giungono in Cielo, in terra, nell’Ostia sacramentale, nei cuori delle creature, dovunque e sempre. Luce do e luce mi mandano, amore do e amore mi danno; sono le mie abitazioni terrestri, dove mi rifugio dallo schifo delle altre creature. Oh, il bel vivere nel mio Volere! Mi piace tanto, che farò scomparire tutte le altre santità, sotto qualunque altro aspetto di virtù, nelle future generazioni e farò ricomparire la santità del vivere nella mia Volontà, che sono e saranno, non le santità umane, ma divine, e la loro santità sarà tanto alta che, come soli, eclisseranno le stelle più belle dei santi delle passate generazioni. Perciò voglio purgare la terra, perché è indegna di questi portenti di santità”.
Beati i poveri in spirito
Niente avviene per caso. “Il caso” è il nome pagano della Divina Provvidenza.
Quindi oggi, 1° Settembre, si dà il caso che l’ufficio delle letture ci presenta l’inizio del «Discorso sulle beatitudini» di san Leone Magno, papa. Giusto per avere chiare le idee rispetto ai poveri:
“Quale sia l’insegnamento di Cristo lo manifestano le sue parole. Coloro che desiderano pervenire alla beatitudine eterna, riconosceranno dai detti del Maestro quali siano i gradini da percorrere per salire alla suprema felicità. Cristo dice: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli» (Mt 5, 3). Potrebbe forse ritenersi incerto quali siano i poveri, ai quali si riferisce la Verità se, dicendo poveri, non avesse aggiunto null’altro per far capire il genere di poveri di cui parla. Si sarebbe allora potuto pensare essere sufficiente per il conseguimento del regno dei cieli quella indigenza, che molti patiscono con opprimente e dura ineluttabilità. Ma quando dice: «Beati i poveri in spirito», mostra che il regno dei cieli va assegnato piuttosto a quanti hanno la commendatizia dell’umiltà interiore, anziché la semplice carenza di beni esteriori”.
Pare che il Papa San Leone Magno, Dottore della Chiesa, insegni in un modo abbastanza diverso di quello di un qualche suo futuro successore…
Il posto delle cose create e il nostro posto secondo Dio
Poi la Provvidenza ha voluto che la prima lettura della Messa fosse della 1° Corinzi, 3,18-23. Giusto per avere chiaro il posto delle cose create (il creato) e il nostro posto secondo Dio:
“…nessuno ponga la sua gloria negli uomini, perché tutto è vostro: Paolo, Apollo, Cefa, il mondo, la vita, la morte, il presente, il futuro: tutto è vostro! Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio”.
Per primo, Gesù Cristo, il Verbo Incarnato, “il Primogenito” tra tutte le creature. Se Lui non si fosse fatto creatura, il Padre non avrebbe creato assolutamente niente. A che pro, se non ci fosse stato l’Erede? Ma con Gesù, inseparabilmente unita alla sua Umanità, “la Secondogenita” del Padre, la SS. Vergine. Senza la Madre, niente Figlio. Senza il Figlio niente Madre. “Uniti in un medesimo decreto eterno di predestinazione”, dice la Chiesa.
Quindi, a motivo di Gesù e Maria (“non separi l’uomo quello che Dio ha unito”), tante altre creature a loro immagine e somiglianza, tanti altri figli e figlie che fossero simili ai primi due. Un corpo mistico per il Figlio. La stessa Volontà del Padre palpitante d’amore nei figli.
E pensando a questi figli, tutto il resto del Creato: “le cose visibili e quelle invisibili”, quanto doveva servire alla loro vita e alla loro dimora: il Cielo e la terra, il luogo del soggiorno provvisorio per la loro libera risposta d’amore, e il luogo della loro gloria e vita eterna definitiva.
Questo è il posto del Creato, di ciò che è chiamato “la Natura”. Per tanto, “la Natura” è fatta da Dio per i suoi figli, ma il discorso non può finire lì. Perché i figli sono per il Figlio e il Figlio è per il Padre.
E se l’uomo non vive come figlio, allora non ha alcun diritto, decade come “re” ed erede del Creato ed è un intruso nella Creazione e un ladro delle cose del suo Creatore.
Tutto ciò che Dio ha creato è “sacro”, cioè appartenente a Dio, vincolato a Dio. Ma se l’uomo non vive come figlio, lui stesso si profana e rende profane le cose che tocca.
Perciò “la stessa Creazione attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio; essa infatti è stata sottomessa alla caducità –non per suo volere, ma per il volere di colui che l’ha sottomessa– e nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio. Sappiamo bene infatti che tutta la Creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto; essa non è la sola, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo” (Rom 8,19-23)
Per questo dice Luisa nel suo “Appello”:
“Volete sapere perché la terra non produce? Perché in vari punti del mondo la terra coi terremoti spesso si apre e seppellisce nel suo seno città e persone? Perché il vento, l’acqua, formano tempeste e devastano tutto, e tanti altri mali che tutti sapete? Perché le cose create posseggono una Volontà Divina che le domina e perciò sono potenti ed imperanti, sono più nobili di noi. Noi invece siamo dominati da una volontà umana, degradati, e perciò siamo deboli ed impotenti. Se per nostra sorte metteremo da banda l’umana volontà e prenderemo la vita del Volere Divino, anche noi saremo forti, imperanti, saremo fratelli con tutte le cose create, le quali non solo non ci molesteranno più, ma ci daranno il dominio sopra di loro, e saremo felici nel tempo e nell’eternità…”
L’uomo – “re” e “sacerdote” della Creazione
E il nostro compito rispetto al Creato è quello di essere “re” e “sacerdoti” della Creazione: di essere quelli che hanno cura di quanto Dio ha creato e quelli che prendono tutto per renderlo sacro, per riportarlo a Dio. Perché tutte le cose sono state messe da Dio attorno all’uomo come altrettanti canali di comunicazione, attraverso i quali Dio gli porge la sua Provvidenza, le sue Notizie, il suo Amore, e attraverso i quali l’uomo –a sua volta– deve ricambiare Dio con la sua riconoscenza e gratitudine, con la sua adorazione e lode, col suo amore.
Tutto il Creato, uscito da Dio per amore all’uomo, deve ritornare a Dio per amore da parte dell’uomo. Si deve chiudere il cerchio. Non può finire la storia prima che l’ultimo figlio di Dio non riporti a Dio con un sorriso di gratitudine e di amore l’ultima cosa da Lui creata.
Il piccolo filo d’erba, l’uccellino che canta in quel ramo, il sole, il mare, i campi, ogni essere vivente, tutto, tutti ci dicono, ci scongiurano: “per favore, prendimi, portami con te!” –“Ma come ti devo prendere? Con le mani?” –“No, con il cuore: portami a Dio! Vedi, anch’io sono uscito da Dio, e devo ritornare a Dio, ma io da solo non posso, sii tu la mia voce, sii tu la voce di tutto il Creato!”
E allora, così “i tre Giovani”, compagni di Daniele, invitarono tutto il Creato a benedire il Creatore, e lo stesso fece San Francesco, lodando il Signore per “frate sole” e “sora luna”, per “frate focu” e “sora acqua” e persino per “sora nostra morte corporale”, ecc.
Comprendiamo allora perché tutte le cose create da Dio –a cominciare a noi stessi– hanno tre dimensioni: una delle quali è quella verticale, verso l’alto, verso Dio?
La “Natura”, cioè il Creato, non è atea, non vuole essere trattata come qualcosa di profano, sgrida l’uomo perché richiama il diritto di Dio!
P. Pablo
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