L’agonia di Gesù si combina con l’agonia dei cristiani: tedi, tristezze, angosce e sudore di sangue

“…Stavo pensando all’agonia di Nostro Signore, e il Signore mi disse:

“Figlia mia, volli soffrire in modo speciale l’agonia dell’orto, per dare aiuto a tutti i moribondi a ben morire. Vedi bene come si combina la mia agonia con l’agonia dei cristiani: tedi, tristezze, angosce, sudore di sangue. Sentivo la morte di tutti e di ciascuno, come se realmente morissi per ciascuno in particolare; quindi sentivo in Me i tedi, le tristezze, le angosce di ciascuno, e con le mie prestavo a tutti aiuto, conforto, speranza, per fare che come Io sentivo le loro morti in Me, così loro potessero avere grazia di morire tutti in Me, come in un solo fiato col mio fiato, e subito beatificarli con la mia Divinità.” (Vol. 9°, 4-7-1910)

“…La mia Volontà Eterna impose alla mia Umanità che accettasse tante morti per quante creature dovevano avere vita alla luce del giorno, e la mia Umanità accettò con amore queste morti, tanto che il Volere Eterno fece tanti segni nella mia Umanità per quante morti doveva subire”.  (Vol. 14°, 20-7-1922)

“Vedi, figlia mia, Io subii doppie morti per ciascuna creatura, una d’amore e l’altra di pena, perché nel crearla la creai un complesso tutto d’amore, per cui non doveva uscire da essa altro che amore, tanto che il mio e il suo dovevano stare in continue correnti. Ma l’uomo non solo non mi amò, ma ingrato mi offese, ed Io dovevo rifare il mio Divin Padre di questa mancanza d’amore e dovetti accettare una morte d’amore per ciascuno ed un’altra di dolore per le offese”.

Ma mentre ciò diceva, vedevo il mio dolce Gesù tutto una fiamma, che lo consumava e gli dava morte per ciascuno, anzi, vedevo che ogni pensiero, parola, moto, opera, passo, ecc. erano tante fiamme che consumavano Gesù e lo vivificavano. Onde Gesù ha soggiunto: “Non vorresti tu la mia somiglianza? Non vorresti tu accettare le morti d’amore, come accettasti le morti di dolore?”

Ed io: “Ah, mio Gesù, io non so che mi sia successo; sento ancora gran ripugnanza per aver accettato quelle di dolore; come potrei accettare quelle d’amore, che mi sembrano più dure? Io tremo al solo pensarlo. La mia povera natura si annienta di più, si disfa. Aiutami, dammi la forza, che mi sento che   non  posso  tirare  più  avanti”.

E Gesù, tutto bontà: “È deciso –ha soggiunto–. Povera figlia mia, coraggio, non temere, né volerti turbare per la ripugnanza che senti; anzi, per rassicurarti ti dico che anche questa è una mia somiglianza.

Devi sapere che anche la mia Umanità, per quanto santa, desiderosa al sommo di patire, sentiva questa ripugnanza; ma non era mia, erano tutte le ripugnanze che le creature sentivano nel fare il bene, nell’accettare le pene che meritavano, e dovevo subire questa pena che mi torturava non poco, per dare a loro l’inclinazione al bene e rendere loro più dolci le pene; tanto che nell’Orto gridai al Padre: «Se è possibile, passi da Me questo calice». Credi tu che fui Io? Ah, no, t’inganni. Io amavo il patire fino alla follia; amavo la morte per dar vita ai miei figli; era il grido di tutta quanta l’umana famiglia, che echeggiava nella mia Umanità, ed Io, gridando insieme con loro per dar loro forza, ripetei per ben tre volte: «Se è possibile, passi da Me questo calice». Io parlavo a nome di tutti, come se fossero cosa mia, ma mi sentivo schiacciare. Sicché la ripugnanza che senti non è tua; è l’eco della mia. Se fosse tua mi sarei ritirato. Perciò, figlia mia, volendo generare da Me un’altra mia immagine [1], voglio che accetti ed Io stesso voglio segnare nella tua volontà allargata e consumata nella Mia queste mie morti d’amore”.  (Vol. 14°, 28-7-1922)


[1]“L’immagine” divina sta nell’essere, “la somiglianza” sta nel vivere. Due concetti inseparabili,  ma  non  sinonimi.

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