Insegnamenti di Gesù su come far morire la nostra volontà per fare che viva solo per Lui

Gesù a Luisa: “La prima cosa che voglio che mortifichi è la tua volontà. Quell’io si deve distruggere in te. Voglio che lo tenga sacrificato come vittima innanzi a Me, per fare che la tua volontà e la mia si facciano una sola. Non ne sei tu contenta?”

“Sì, Signore, ma dammi la grazia, ché da me vedo che niente posso”.

E Lui continuava a dirmi: “Sì, Io stesso ti contraddirò in tutto e [anche] per mezzo delle creature”. E succedeva così.

Per esempio, se la mattina mi svegliavo e subito non mi alzavo, la voce interna mi diceva: “Tu riposi ed Io non ebbi altro letto che la croce. Presto, presto, non tanta soddisfazione”.

Se camminavo e la vista scorreva un po’ lontano, subito mi riprendeva: “Non voglio che la tua vista si allontani da te, che la lunghezza d’un passo all’altro, per fare che non inciampi”.

Se mi trovavo nella campagna e vedevo fiori, alberi, mi diceva: Io ho creato tutto per amore tuo, e tu priva la tua vista di questo diletto per amore mio”.

Anche le cose più innocenti e sante, come per esempio, i parati degli altari, le processioni…, mi diceva: “Non altro piacere devi prendere che in Me solo”.

Se stavo seduta mentre lavoravo, mi diceva: “Stai troppo comoda. Non ti ricordi che la mia vita fu un continuo penare? E tu? E tu?”

Subito, per contentarlo, mi mettevo sopra la metà della sedia e l’altra metà la lasciavo vuota, e qualche volta per scherzo gli dicevo: “Vedi, o Signore? La metà della sedia è vuota; venite a sedervi vicino”.

Qualche volta mi pareva che mi contentasse e ne provavo tanto gusto che non so dirlo io stessa.

Mentre poi, alcune volte, stavo lavorando un po’ lenta e svogliata, mi diceva: “Presto, aiutati, che il tempo che guadagnerai con l’aiutarti verrai a stare insieme con Me nell’orazione”.

Alcune volte Lui stesso mi assegnava quanto lavoro dovevo fare. Io poi lo pregavo che venisse ad aiutarmi. “Sì, sì –mi rispondeva–, faremo insieme tutti e due, affinché dopo che lo avrai finito resteremo più liberi”. E succedeva che in un’ora o in due ore facevo quello che dovevo fare in tutto il giorno. Dopo me ne andavo a fare orazione e mi dava tanti lumi e mi diceva tante cose, che il volerle dire sarebbe troppo lungo. (…)

Se poi veniva l’ora del pranzo e mangiavo qualche cosa gustosa, subito internamente mi riprendeva dicendo: “Ti sei forse dimenticata che Io non ebbi altro gusto che nel patire per amore tuo? E che tu non devi avere altro gusto che nel mortificarti per amor mio? Lasciala e mangia ciò che più non ti aggrada”. [1]

Ed io subito, o la prendevo e la portavo alla persona di servizio, oppure dicevo che non ne volevo più, e molte volte me la passavo quasi digiuna; ma però quando andavo all’orazione ricevevo tanta forza e mi sentivo tanta sazietà, in modo che avevo nausea di ogni cosa.

Altre volte, poi, per contraddirmi se non avevo voglia di mangiare, mi diceva: “Voglio che mangi per amor mio, e mentre il cibo si unisce con il corpo, così pregami che il mio amore si unisca con l’anima tua, e resterà santificata ogni cosa”.

In una parola, senza andare più a lungo, anche nelle cose più minime cercava di far morire la mia volontà, per fare che vivesse solo per Lui.


[1] – Vuol dire: “Che meno ti aggrada”.

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