Il prodigio della Nascita di Gesù

Dagli Scritti della Serva di Dio Luisa Piccarreta:

Trovandomi nel solito mio stato, mi sono sentita fuori di me stessa. Dopo aver girato mi sono trovata dentro di una spelonca e ho visto la Regina Mamma che stava nell’atto di dare alla luce il Bambinello Gesù. Che stupendo prodigio! Mi pareva che tanto la Madre quanto il Figlio fossero trasmutati in luce che conteneva in sé la Divinità, che le serviva come di velo per coprire la Divinità, in modo che squarciando il velo della natura umana era Dio e coperto con quel velo era uomo, ed ecco il prodigio dei prodigi: Dio ed uomo, uomo e Dio, che senza lasciare il Padre e lo Spirito Santo viene ad abitare con noi e prende carne umana, perché il vero amore non si disunisce giammai.

Ora, mi è parso che la Madre e il Figlio in quel felicissimo istante sono rimasti come spiritualizzati, e senza il minimo intoppo Gesù è uscito dal seno materno, traboccando entrambi in un eccesso d’amore, ossia, trasformati in Luce quei santissimi corpi, senza il minimo impedimento, Gesù Luce è uscito da dentro la luce della Madre, restando sani ed intatti sia l’Uno che l’Altra, ritornando poi allo stato naturale. Ma chi può dire la bellezza del Bambinello, che in quel momento della sua nascita trasfondeva anche esternamente i raggi della Divinità? Chi può dire la bellezza della Madre, che ne restava tutta assorbita in quei raggi Divini?

E san Giuseppe? Mi pareva che non fosse presente nell’atto del parto, ma che se ne stava ad un’altro cantone della spelonca, tutto assorto in quel profondo Mistero, e se non vide cogli occhi del corpo, vide benissimo con gli occhi dell’anima, perché se ne stava rapito in estasi sublime.

Ora, nell’atto che il Bambinello uscì alla luce, io avrei voluto volare per prenderlo tra le mie braccia, ma gli angeli me lo impedirono, dicendomi che toccava alla Madre l’onore di prenderlo per prima. Onde la Vergine Santissima, come scossa, è ritornata in sé e dalle mani di un angelo ha ricevuto il Figlio nelle braccia, lo ha stretto tanto forte nella foga dell’amore in cui si trovava, che pareva che volesse inviscerarlo di nuovo; poi, volendo dare uno sfogo al suo ardente amore, lo ha messo a succhiare alle sue mammelle. In questo mentre io me ne stavo tutta annichilita, aspettando ad essere chiamata, per non ricevere un altro rimprovero dagli angeli. Onde la Regina mi ha detto: “Vieni, vieni a prendere il tuo diletto e godilo anche tu, sfoga con Lui il tuo amore”.

E dicendo così, io mi sono avvicinata e la Mamma me lo ha dato in braccio. Chi può dire il mio contento, i baci, gli stringimenti, le tenerezze?

Dopo che mi sono sfogata un poco, gli ho detto: “Diletto mio, Tu hai succhiato il latte dalla nostra Mamma, fai a me parte”.

E Lui, tutto condiscendendo, dalla sua bocca ha versato parte di quel latte nella mia e dopo mi ha detto: “Diletta mia, Io fui concepito unito al dolore, nacqui al dolore e morii nel dolore, e coi tre chiodi che mi crocifissero, inchiodai le tre potenze: intelletto, memoria e volontà, di quelle anime che bramano di amarmi, facendo loro restare attirate tutte a me, perché la colpa le aveva rese inferme e disperse dal loro Creatore, senza nessun freno”.

E mentre ciò diceva, ha dato uno sguardo al mondo e ha cominciato a piangere le sue miserie. Io, vedendolo piangere, ho detto: “Amabile Bambino, non funestare col tuo pianto una notte sì lieta a chi ti ama. Invece di dare sfogo al pianto, diamo sfogo al canto”.

E così dicendo, ho cominciato a cantare; Gesù si è distratto sentendomi cantare e ha cessato dal piangere, e terminando il mio verso ha cantato il suo, con una voce tanto forte ed armoniosa, che tutte le altre voci scomparivano alla sua voce dolcissima. Dopo ciò, ho pregato il Bambino Gesù per il mio Confessore, per quelli che mi appartengono ed infine per tutti, e Lui pareva tutto condiscendente. In questo mentre mi è scomparso ed io sono ritornata in me stessa. (25 Dicembre 1900)

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